San Salvatore di Sinis: il villaggio western della Sardegna

Hai mai sentito parlare di San Salvatore di Sinis, il villaggio western della Sardegna?
Si tratta di una borgata di Cabras diventata famosa alla fine degli anni Sessanta per essere stata utilizzata come set cinematografico per qualche film del genere spaghetti-western, grazie alla sua somiglianza con i paesini messicani, del Texas, dell’Arizona o dell’Almeria.
Io ne avevo sentito parlare di sfuggita nel lontano 2000 quando poco più che ventenne trascorsi una vacanza nella provincia di Oristano. Questo nome “San Salvatore di Sinis” ha però continuato a riecheggiare nella mia mente, e quest’anno durante la nostra vacanza a San Teodoro ho detto a Valentina “Vale preparati perché oggi ti porto in un posto fighissimo, prendi il tuo cappello di paglia e preparati a vivere atmosfere da film western”. All’inizio mi ha preso per pazzo, e per convincerla le ho dovuto dire che sarebbe stata una tappa veloce prima di sdraiarci sulla splendida spiaggia di Is Arutas, ma poi quando siamo scesi dall’automobile e ci siamo ritrovati in un questo villaggio surreale non ha fatto altro che ripetermi “ma questo posto è troppo bello, mi piace tantissimo, grazie per avermici portato”.
Ovviamente è piaciuto tantissimo anche a me, amo questi luoghi curiosi e poco conosciuti, e ci tengo a farlo conoscere anche a te, in modo che tu possa visitarlo nel tuo prossimo viaggio in Sardegna.



SAN SALVATORE DI SINIS: DOVE SI TROVA

San Salvatore di Sinis si trova nella provincia di Oristano ed è una frazione di Cabras.
Dista:

Trovandosi poi a 8 km da Is Arutas e a soli 6 km da Tharros, può tranquillamente essere inserito in un itinerario di un giorno alla scoperta delle bellezze della penisola del Sinis.



SAN SALVATORE DI SINIS: STORIA E CURIOSITÀ DEL VILLAGGIO WESTERN DELLA SARDEGNA

Il villaggio di San Salvatore di Sinis risale al medioevo, anche se l’aspetto odierno risale all’epoca della dominazione spagnola.
Prende il nome dalla chiesa di San Salvatore, risalente al XVII secolo, costruita su un santuario preistorico scavato nella roccia. Non appena si varca il portone d’ingresso della chiesa ci si trova di fronte a una scalinata che conduce a delle stanze alle cui parei è possibile ammirare graffiti e iscrizioni latine, greche e arabe. Nel corso dei secoli in questi sotterranei fu praticato il culto punico del dio guaritore Sid, e in epoca romana quello di Asclepio. Nel IV secolo divenne invece un santuario paleocristiano.



Ora San Salvatore è un villaggio disabitato che si popola solo per pochissimi giorni all’anno durante i festeggiamenti in onore del santo patrono, che si celebrano la prima domenica di settembre.



Corsa degli Scalzi: da Cabras a San Salvatore di Sinis

Il clou dei festeggiamenti in onore del Santo si hanno con la Corsa degli Scalzi. Un evento particolarmente suggestivo e sentito dalla popolazione locale che coinvolge più di 800 persone (chiamati curridoris) che in saio bianco trasportano – scalzi e di corsa – la statua del patrono dalla chiesa di Santa Maria Assunta di Cabras alla Chiesa del piccolo villaggio.
La Corsa degli Scalzi avviene di sabato, la statua di San Salvatore rimane esposta nella chiesa fino alla domenica sera, e poi riportata di corsa a Cabras.

San Salvatore di Sinis e i film “spaghetti-western”

Come ti dicevo all’inizio del post, San Salvatore di Sinis ricorda moltissimo i villaggi del selvaggio west. Stradine polverose e non asfaltate, modestissime casette bianche e piante grasse, hanno fatto sì che la cinematografia italiana – sulla scia del successo di “Per un pugno di dollari” di Sergio Leone –  scelse questo luogo come set di alcuni film, anzi di un film e mezzo: “Giarrettiera Colt” del 1968 con Claudio Camaso (fratello di Gian Maria Volontè) e Nicoletta Machiavelli, e “Dio perdoni la mia pistola no”, finito poi di girare a Cinecittà.
Al termine delle riprese di queste due pellicole il villaggio western rimase in piedi per qualche anno come attrazione turistica, c’era addirittura l’ufficio dello sceriffo, il pozzo e il saloon. Ora non è rimasto più nulla della scenografia. Resiste ancora il bar in cui fermarsi per bere un caffè o una birra Ichnusa, e le casette vuote.

Basta qualche minuto per girare tutto il borgo e farsi catturare dalla strana atmosfera che si continua a respirare in questo villaggio senza tempo. Con un pizzico di immaginazione è possibile ancora avvistare lo sceriffo, qualche pacifico pistolero e sentire gli zoccoli dei cavalli che scalpitano sulle stradine polverose. Poi via a tuffarsi in uno dei mari più belli del mondo!