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Isola Tiberina: cosa vedere sull’isola nel cuore di Roma
di Andrea Petroni
Pubblicato il 2020-06-09
L’isola Tiberina è uno dei miei luoghi del cuore e congiunge due zone a me molto care: Trastevere e il Ghetto.
Popolare tra i romani per via anche dell’Ospedale Fatebenefratelli e di quello Israelitico, è poco conosciuta dai turisti che si fermano a Trastevere senza però attraversare il fiume passando per l’unica isola urbana di Roma.
L’isola Tiberina è ricca di storia e di leggende che si perdono nella notte dei tempi, e ho quindi pensato di scrivere questo post per fartela conoscere in modo che tu possa inserirla nella tua prossima gita romana, gustandoti magari d’estate una fresca grattachecca dalla Sora Mirella.
ISOLA TIBERINA: COSA VEDERE TRA STORIA E LEGGENDE
Due sono le leggende legate all’isola Tiberina, anzi tre.
La prima riguarda la nascita che la fa risalire alla cacciata dell’ultimo re di Roma Tarquinio il Superbo nel 509 a.C., quando il popolo – accecato dall’ira – gettò nel Tevere il grano che si trovava nel deposito del re, talmente abbondante da formare un’isola. Nella realtà dei fatti l’isola è un banco di tufo al quale durante i secoli si sono sedimentate le sabbie portate dalla corrente che in quel punto è piuttosto impetuosa.
La seconda risale al 291 a.C. quando Roma, colpita da una pestilenza, inviò una delegazione a Epidauro in Grecia – centro del dio della medicina Esculapio (Asclepio per i greci) – l’unico in grado di mettere fine alla tragedia. Questa tornò con un serpente, animale sacro al dio, che all’altezza dell’isola Tiberina spiccò un salto dalla nave e si rifugiò in un preciso punto sulla terraferma sul quale venne poi realizzato il tempio a Esculapio. L’isola fu sistemata come una vera e propria nave con al centro un obelisco a raffigurare l’albero di poppa, e ancora oggi si possono ammirare alcuni resti sotto al comando della polizia fluviale in direzione del Ponte Rotto.
Della terza te ne parlerò in seguito.
Le leggende non fanno altro che aumentare il fascino di questa porzioncina di Roma, visitabile con una passeggiata di 10/15 minuti.
Passiamo ora alle cose da vedere sull’isola Tiberina. Ti propongo un itinerario che parte da Ponte Fabricio dal lato della Sinagoga su Lungotevere de’ Cenci, ma puoi benissimo percorrerlo al contrario partendo da Ponte Cestio lato Trastevere da Lungotevere degli Anguillara. Io preferisco come impatto “scenografico” il lato Ponte Fabricio, ma anche l’altro non scherza affatto.
Ponte Fabricio
L’isola Tiberina è collegata alla terraferma dai ponti Fabricio e Cestio.
Il ponte Fabricio è il più antico, e si trova nella sponda del Ghetto. La sua costruzione risale al 62. a.C. ma fu restaurato varie volte nel corso dei secoli. È conosciuto anche come il ponte dei Quattro Capi perché secondo un’altra leggenda il Papa Sisto V incaricò del restauro quattro architetti che per questioni futili vennero alle mani. Questi al termine del lavoro furono decapitati e in ricordo della loro opera fu posto un piccolo monumento con quattro facce, anche se in realtà i monumenti sono due – uno opposto all’altro – per un totale di otto capi e non quattro. I “capi” si trovano sulle balaustre del ponte, proprio all’inizio del ponte.
Torre Caetani
Il primo edificio sulla sinistra è la Torre Caetani, conosciuta anche come Torre della Pulzella perché nelle sue mura vi è scolpito il volto di una ragazza. Nel XII secolo apparteneva alla famiglia Pierleoni che aveva fortificato l’isola Tiberina. Nella seconda metà del XIII il complesso della fortificazione fu quasi del tutto abbattuto e quello che rimase fu trasformato in residenza dalla famiglia Caetani. Nel XVI secolo i Caetani si trasferirono in un altro luogo e la proprietà passò ai Padri Minori Osservanti. Nel XIX secolo diventò comunale e fu in parte data in concessione all’Università Israelitica.
Sotto alla torre, di fronte alla Chiesa, c’è lo storico ristorante della Sora Lella, la sorella di Aldo Fabrizi venuta a mancare nel 1993, divenuta celebre anche grazie ai film con Carlo Verdone in cui recitava il ruolo della nonna romana de Roma.
Chiesa di San Giovanni Calibita
Di fronte alla Sora Lella si trova la Chiesa di San Giovanni Calibita incorporata nel grosso edificio dell’ospedale Fatebenefratelli, costruita nel punto in cui nell’antichità era presente un tempio dedicato a Giove. Fu edificata nel IX secolo ma la facciata odierna risale al 1711, e il campanile agli anni ’30 del secolo scorso ricostruito simile al precedente abbattuto nel Settecento.
Custodisce al suo interno un affresco del XIII secolo chiamato in origine Santa Maria Cantu Fluminis, e ribattezzato poi Madonna della Lampada a seguito del miracolo avvenuto nel 1557 quando si trovava in una nicchia accanto al Ponte Fabricio. Secondo la tradizione nel 1557 fu completamente sommersa dalle acque del Tevere, ma quando riapparve la lampada posta di fronte era ancora accesa e il dipinto non aveva subito il minimo danno. L’affresco fu poi staccato e portato all’interno della chiesa.
La chiesa è aperta solo durante le funzioni religiose.
Ospedale San Giovanni Calibita Fatebenefratelli
Mezza isola Tiberina (sulla destra venendo da Ponte Fabricio) appartiene all’ospedale, dove peraltro tra il 1990 e il 1992 fu ambientata la serie tv “Pronto Soccorso” con Ferruccio Amendola e i giovanissimi Claudio Amendola e Barbara De Rossi.
Da noi romani è conosciuto semplicemente come Fatebenefratelli. Siamo gente semplice a cui non piacciono troppi fronzoli, e dove possiamo abbreviamo per praticità.
L’ospedale si trova nel punto in cui gli antichi romani eressero il tempio a Esculapio, dio della medicina, in seguito alla leggenda che ti ho raccontato all’inizio del post. Già nell’anno Mille le suore benedettine avevano messo in piedi una sorta di ricovero per gli ammalati. Nel Cinquecento si trasformò in una specie di ospedale con tanto di chirurghi, medici e infermieri. Sul finire del 1500 fu affidato alla confraternita dei Fatebenefratelli che lo persero nel 1878 e lo riottennero nel 1892.
Dal 1922 ha sale operatorie, reparti specialistici e ambulatori. Un ospedale all’avanguardia molto in voga tra le partorienti.
Basilica di San Bartolomeo all’isola
Proprio di fronte all’ingresso del Fatebenefratelli si trova una piazzetta con una colonna, una chiesa e un edificio.
Una prima colonna fu collocata nel 1869 nel luogo in cui gli antichi romani avevano innalzato l’obelisco che fungeva da albero maestro dell’ipotetica nave. Dai romani era conosciuta come la “colonna infame” perché nell’Ottocento venivano affissi i nomi di coloro che il giorno di Pasqua non avevano seguito il precetto e non si erano recati alla messa eucaristica. Quella colonna fu abbattuta da un carro che ci si scontrò per un presumibile errore, e nel 1869 fu eretta quella che si vede ancora oggi in memoria del Concilio Vaticano che sui quattro lati presenta le statue di san Bartolomeo, san Francesco d’Assisi, San Giovanni di Dio e San Paolino di Nola.
La chiesa è la Basilica di san Bartolomeo all’isola, costruita nel 1000 per custodire le reliquie di san Bartolomeo. Dal 2002 è il memoriale dei nuovi martiri del XX secolo e ospita reliquie e spoglie del vescovo Óscar Arnulfo Romero ucciso mentre celebrava la messa dagli squadroni della morte di El Salvador, quelle del cardinale Juan Jesús Posadas Ocampo ucciso dai narcotrafficanti e altri sacerdoti uccisi dai nazisti e dai comunisti. La facciata è barocca e sotto al portico si trova una curiosa targa in memoria del livello del Tevere raggiunto durante l’alluvione del 1937. L’interno è a tre navate e presenta un soffitto in legno a cassettoni. Sotto all’altare si trova una vasca romana in porfido in cui si trovano le reliquie di San Bartolomeo, mentre davanti al transetto vi è un pozzo posto esattamente nel punto in cui si trovava la fonte sacra del tempio di Esculapio. Quello che però da piccolino mi rimase impresso dalla spiegazione fatta dalla guida durante una gita scolastica fu la palla di cannone conficcata nella parete che fu sparata nella chiesa nel 1849, durante una messa, nel bel mezzo dell’assedio francese e lì rimasta a testimonianza del miracolo che evitò uno spargimento di sangue.
La porticina sulla sinistra accanto alla chiesa conduce al poliambulatorio dell’ospedale israelitico.
Rive del Tevere
Prima di lasciare l’isola attraversando ponte Cestio ti consiglio di concederti una bella passeggiata intorno all’isola sulle rive del Tevere, scendendo dalle scalinate che si trovano all’inizio del ponte sia dal lato della Basilica che da quello dell’ospedale.
Andando nella direzione opposta dell’ospedale ti ritroverai nella punta dalla quale potrai ammirare il ponte Emilio, conosciuto come ponte rotto, il primo costruito a Roma in muratura tra il 179 a.C. e il 142 a.C. Si trova accanto al ponte Palatino noto come ponte inglese perché le automobili lì viaggiano in senso contrario.
Sotto alle costruzioni dell’isola, sempre dal lato Ponte Rotto, divertiti a cercare i resti della “nave”, troverai anche il serpente di Esculapio.
Ponte Cestio
Siamo arrivati al termine della nostra passeggiata. Lascerai l’isola Tiberina attraversando Ponte Cestio edificato tra il 46 e il 44 a.C.
Fu completamente ricostruito nel 370 d.C. e ricostruito nel 1892 preservando l’arcata centrale e utilizzando in parte materiali del vecchio per costruire le altre arcate.
Sulla destra, su Lungotevere degli Anguillara, troverai il chiosco della Sora Mirella dove d’estate ti potrai rinfrescare mangiando la grattachecca romana.
Spero di averti fatto conoscere un altro pezzo di Roma. Ora ti aspetto sul mio profilo Instagram vologratis.