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Israele: tra natura, storia, religione e divertimento. Itinerario per un viaggio indimenticabile
di Andrea Petroni
Pubblicato il 2022-04-13
Prima di partire per questo viaggio conoscevo Israele solo per i luoghi legati alla religione. Tutti quelli che c’erano stati prima di me mi avevano parlato della forte emozione provata a Gerusalemme, della vitalità di Tel Aviv e dell’esperienza del galleggiamento sul Mar Morto (che peraltro io avevo già provato in Giordania). Nessuno però mi aveva mai parlato della natura di Israele, dei suoi deserti così diversi tra di loro, degli interessantissimi siti archeologici disseminati nel deserto e delle tante esperienze differenti che si possono vivere in un viaggio simile, oltre alla religione.
Sì, perché sarebbe un grosso errore concepire il viaggio in Israele come un mero viaggio religioso, come un pellegrinaggio. È molto di più. È un viaggio per tutti i gusti e per tutte le età, e ora che ci sono stato posso dirti con estrema schiettezza che il viaggio in Israele è quel viaggio da fare almeno una volta nella vita. Non ci credi? Continua a leggere, ti ricrederai.
Piccola precisazione prima di andare avanti con la lettura: ho impostato questo articolo come una sorta di diario in modo da fornirti un itinerario suddiviso in giorni da seguire per il tuo prossimo viaggio in Israele.
VIAGGIO IN ISRAELE: IL MIO ITINERARIO DI VIAGGIO TRA NATURA, STORIA, RELIGIONE E DIVERTIMENTO
1° giorno: l’arrivo a Tel Aviv
Sono arrivato a Tel Aviv con un piacevole volo El Al (compagnia aerea di bandiera israeliana) di 3 ore e 30 minuti partito dall’aeroporto di Roma Fiumicino.
Essendo partito il 23 marzo 2022, durante la pandemia da Covid-19, per l’imbarco e l’ingresso nel Paese ho dovuto presentare:
- un risultato negativo del test pcr effettuato entro le 72 ore prima della partenza
- l’assicurazione di viaggio
- l’entry statement form compilato nelle 48 ore precedenti la partenza.
Per entrare in Israele serve anche un passaporto in corso di validità, con una validità residua non inferiore ai 6 mesi.
Non appena atterrato, ritirato il bagaglio e passato il controllo passaporti, ho dovuto effettuare un altro tampone pcr direttamente in aeroporto che va prenotato a questo link.
Mi sono infine recato in taxi al Market House Hotel di Tel Aviv e sono rimasto in camera fino al ricevimento del risultato negativo del test che mi è arrivato tramite sms durante la notte. È obbligatorio restare in isolamento fino al ricevimento del risultato negativo del test pcr.
2° giorno: il deserto del Negev
Da Tel Aviv mi sono spostato verso sud, la zona prescelta per questo mio primo viaggio in Israele. Piccola premessa: mi sono spostato in minivan insieme a un altro gruppetto di travel blogger, sempre accompagnati da una guida ufficiale.
La prima tappa è stata la città beduina di Rahat. Una città a circa 100 km a sud di Tel Aviv che conta poco più di 50.000 abitanti di etnia beduina, che rappresenta l’unico insediamento beduino in Israele avente status di città. Sono stato accolto in un’abitazione tradizionale con tutti gli onori di casa: caffè forte e speziato, tè alla menta, olive, verdure e pane.
La signora mi ha raccontato un po’ della loro cultura, del loro stile di vita e del suo lavoro. Lei è di religione islamica e vive di turismo accogliendo turisti provenienti sia da Israele che da altre parti del mondo, mostrando le loro tradizioni, e vendendo tessuti e oggetti realizzati a mano. Gli uomini lavorano per lo più nelle aziende high-tech, mentre le donne sono più dedite al turismo. Mi ha colpito tanto una sua frase “anche se viviamo in case moderne restiamo sempre beduini nell’anima”.
Ho fatto poi un giro culinario per la città durante il quale ho assaggiato un dolce buonissimo di origine turca chiamato knafeh, fatto con pasta a fili sottili imbevuta di sciroppo dolce a base di zucchero, e con all’interno formaggio. Un gustosissimo mix di dolce e di salato, ben bilanciato.
Non potevo andarmene senza assaggiare il loro kebab in una macelleria/braceria dall’aspetto spartano ma che cucina ottimi piatti di carne e di verdura. Una cosa che ho notato fin da subito in Israele è stata l’attenzione nei confronti di vegetariani e di vegani. In ogni posto in cui ho mangiato era sempre presente la versione vegetariana o vegana.
Nel primo pomeriggio mi sono addentrato nel deserto del Negev che occupa il 60% del territorio israeliano. Un deserto completamente diverso da quelli della vicina Giordania o di Abu Dhabi in cui ero stato recentemente. Se proprio voglio trovare una similitudine mi ha per certi versi ricordato quelli americani come la Death Valley o il Grand Canyon. Grande suggestione. Rocce giallastre, canyon, oasi…una meraviglia della natura.
Ho percorso subito un sentiero in salita, ben segnalato e lungo circa 3 km all’interno dell’En Avdat National Park, e precisamente nell’Ein Avdat nature reserve oasis, un suggestivo canyon attraversato da un corso d’acqua e popolato da numerosi stambecchi che si inerpicano su rocce a strapiombo. Una cascata, un’oasi e tante caverne abitate un tempo dai nabatei e poi da monaci. Sinceramente non mi aspettavo di trovare in Israele posti simili.
Se anche tu vorrai fare questo trekking ti consiglio vivamente di indossare scarpe tecniche e non scarpe da ginnastica con suola liscia.
Da lì ho raggiunto il sito archeologico con i resti dell’antica città carovaniera di Avdat, sulla via delle spezie e dell’incenso, la più importante dopo Petra. Fu fondata nel III secolo a.C. e fu popolata dai nabatei, dai romani e dai bizantini. Al tempo dei nabatei fungeva da sosta lunga lungo l’antica strada che da Petra portava a Gaza (Darb es-Sultan), importantissima per il commercio delle spezie e dell’incenso. Da un’altura sul deserto è possibile ammirare i resti delle antiche abitazioni e di alcune chiese bizantine, e assistere nel centro visitatori alla proiezione di un filmato che racconta la storia di Avdat (anche in lingua inglese). Secondo me è una tappa imperdibile per comprendere l’importanza di quei beni nell’antichità.
Ma lo sai che nel deserto del Negev si coltiva la vite e si produce del buon vino? Non lo sapevo nemmeno io, anzi, mai avrei immaginato di bere vino prodotto nel deserto, e invece…Prima del tramonto sono andato a visitare la Camei Avdat boutique winery, fondata da Hannah ed Eyal Izrael vicino a Sde Boker, nel cuore degli altopiani del Negev. L’azienda si trova sui resti di un insediamento agricolo di 1500 anni lungo il percorso dell’antica Strada delle Spezie. Hanno impiantato un moderno vigneto sui resti degli antichi terrazzamenti, avendo cura di preservare i resti archeologici dell’ex vigneto.
Il vigneto nel nel mezzo del nulla viene irrigato dalle acque alluvionali, proprio come nell’antichità. Tutto il processo, dalla raccolta all’imbottigliamento, avviene nell’azienda familiare e durante l’anno organizzano eventi per mostrare le loro tecniche di coltivazione e produzione. Eyal Izrael ha tenuto a precisare che si reca spesso in Italia, e precisamente in Piemonte, per studiare le tecniche di viticoltura e di vinificazione. Devo dire con ottimi risultati perché il suo vino a me è tanto piaciuto. Chiunque può andare alla Camei Avdat boutique winery e degustare i loro vini bianchi, rossi e rosè, gustare piatti e dolci cucinati in casa e volendo, soggiornare nelle casette con piccole piscine private.
La cena e la notte le ho trascorse nel Ramon Inn Hotel a Mitpze Ramon.
3° giorno: gli altopiani del Negev
Il giorno prima il deserto aveva così tanto rapito il mio cuore che mi sono svegliato con una gran voglia di scoprirne un altro pezzettino davvero particolare.
La città di Mitzpe Ramon si trova su un promontorio alto 800 metri che si affaccia su grande depressione del suolo chiamata Cratere di Ramon ed è proprio da lì che inizierà la mia giornata.
Makhtesh Ramon (Cratere di Ramon) è il più grande e il più imponente bacino che si apre tra i monti del deserto del Negev. Una formazione geologica unica al mondo lunga 40 km e larga dai 2 ai 10 km. Nel mondo esistono solo 5 di questi crateri: 3 sono nel deserto del Negev e 2 nel deserto del Sinai in Egitto.
Non si tratta di un cratere vulcanico come il nome potrebbe far pensare, ma di un’area nata quando l’oceano si è ritirato e la collina rimasta ha iniziato a schiacciarsi per via degli agenti atmosferici. Il suolo è sprofondato più velocemente rispetto alle pareti, e così si è formato questo cratere che nel suo punto più basso raggiunge una profondità di 500 metri.
Io ho fatto un’escursione guidata in jeep con Adam Sela Desert Tours che mi ha portato a visitare le colline argillose con i colori che vanno dal rosso al giallo, lo splendido albero di acacia che sopravvive grazie alla simbiosi con l’ambiente animale, gli stambecchi e paesaggi che non dimenticherò mai.
Dalla natura alla storia per visitare a Sde Boker il memoriale a David Ben-Gurion, fondatore e primo ministro dello Stato d’Israele, in cui si trova la sua tomba e quella della moglie Paula, e il kibbutz (per kibbutz si intende una forma associativa di lavoratori basato sull’uguaglianza e sulla proprietà condivisa) in cui trascorse gli ultimi 20 anni della sua vita (dal 1953 al 1973) e in cui incontrò importanti personalità politiche mondiali. Il kibbutz è ora un museo e gli ambienti sono allestiti con mobilio originale dell’epoca. In una delle casette del kibbutz è possibile assistere alla proiezione di un video che racconta le vicende storiche e politiche di David Ben-Gurion, a cui peraltro è intestato l’aeroporto internazionale di Tel Aviv.
Non si può andare in Israele senza una tappa al Mar Morto, il lago posto nel punto più basso del pianeta terra, a circa -430 metri. Talmente salato (circa il 34% di salinità) da non permettere la vita ai pesci e in grado di dare ai natanti una spinta tale da farli rimanere a galla senza il minimo sforzo. Io avevo già provato questa esperienza in Giordania e la consiglio a tutti. Mi sono comunque goduto un po’ di relax nell’Herods Hotel Dead Sea a Neve Zohar, dove peraltro si mangia benissimo, con tanto di trattamento corpo al fango del Mar Morto che mi ha fatto tornare la pelle liscia come quella di un bambino.
4° giorno in Israele: la regione del Mar Morto
Sono passato dal deserto del Negev al deserto della Giudea che si estende grosso modo tra Gerusalemme e il Mar Morto. Subito dopo la colazione ho preso parte a una divertente escursione a bordo di mini fuoristrada (ho guidato io) tra il Monte Sedom che prende il nome dalla leggendaria città di Sodoma e il favoloso canyon Wadi Perazim. Tra rocce formate dal sale del Mar Morto e rocce giallastre che conferiscono al paesaggio un aspetto molto suggestivo, piccoli e grandi canyon, salite e discese mozzafiato. Il tutto in estrema sicurezza.
Dall’adrenalina dell’escursione nel deserto allo stupore di fronte di uno dei siti archeologici più suggestivi in cui io sia mai stato: Masada. Patrimonio dell’Umanità UNESCO. Un’antica fortezza posta a 400 metri d’altezza sul Mar Morto – che ora si può raggiungere o tramite una funicolare o a piedi – in cui tra il 37 e il 31 a.C. Erode il Grande fece costruire il suo palazzo per rifugiarsi qualora la sua vita fosse stata in pericolo. Una piccola città romana a cui non mancava nulla, c’erano anche le terme. Masada rimase nella storia per il tragico epilogo di un assedio. Nell’estate del 66 d. C. fu conquistata dai Sicarii (fazione estremista del degli Zeloti) ma nel 73 d. C. i romani guidati da Flavio Silla la riconquistarono. In quel momento si verificò un suicido di massa: pur di non cadere schiavi dei romani i Sicarii si diedero reciprocamente la morte. Ne rimasero in vita solo 7 (2 donne e 5 bambini) che raccontarono l’accaduto.
In circa 20 minuti d’automobile ho raggiunto l’0asi biblica di Ein Gedi, una vera e propria oasi nel deserto ricca di vegetazione e di simpatici animaletti come gli stambecchi, gli iraci e le volpi. Con un percorso di trekking tra corsi d’acqua, canyon, caverne e piccole cascatelle, ho raggiunto la suggestiva cascata di David sotto alla quale un gruppo di persone con la candida veste stava partecipando al rito del battesimo. Un’emozione inaspettata. Ho imparato una cosa: in Israele l’emozione è sempre dietro l’angolo.
Nel tardo pomeriggio ho raggiunto infine Gerusalemme, meta da me tanto sognata. Ho preso possesso della mia camera nell’elegante David Citadel Hotel e ho trascorso la serata cenando al ristorante Andalucia.
5° giorno: Gerusalemme
Un sogno che si è realizzato. Gerusalemme è quella città che tutti conosciamo pur non essendoci stati. Ne abbiamo sentito parlare sui libri di scuola, in quelli di religione, a catechismo e durante ogni settimana Santa. Una città che per molti appare come leggendaria, fuori dal tempo e dallo spazio. Chi c’era già stato mi aveva parlato di una città in grado di regalare forti emozioni indipendentemente dal credo religioso, alimentando sempre di più in me la voglia di viverla in prima persona.
La mia passeggiata è iniziata al mattino presto dalla sommità del Monte degli Ulivi, così chiamato perché in antichità era ricoperto di alberi di ulivo, tanto caro ai cristiani di tutto il mondo. La vista sulla città vecchia è pazzesca. Con un solo sguardo si abbracciano millenni di storia, di cultura e di religioni.
Scendendo per la strada sulla destra sono passato di fronte alla colonna di Giuda che segna il punto in cui Gesù è stato tradito dall’apostolo e venduto alle guardie romane, alla Chiesa dell’Assunzione di Maria con la tomba della Vergine in cui secondo i cristiani d’oriente fu stata sepolta la madre di Gesù (risorta e poi ascesa in cielo). Secondo alcune tradizioni cristiane venne assunta il cielo con tutto il corpo senza sepoltura.
Sull’altro lato della strada si trova un luogo che mi ha tanto emozionato: il giardino del Getsemani, il luogo in cui – dopo l’Ultima Cena – Gesù si ritirò in preghiera, in cui accettò la passione e in cui fu arrestato. Accanto si trova la Chiesa di tutte le Nazioni, edificata in stile neobizantino tra il 1919 e i 1924 su progetto dell’architetto italiano Antonio Barluzzi. Sotto all’altare maggiore è visibile una roccia in cui, secondo la tradizione, Gesù pregò prima dell’arresto.
Salendo verso la Città Vecchia ho visto dall’alto la Città di Davide, dove 3000 anni fa nacque Gerusalemme, accanto a me i resti delle antiche mura…tutto un crescendo di emozioni.
Mi sono ritrovato al cospetto di ciò che rimane del Tempio, il luogo più sacro per la religione ebraica. Il primo Tempio di Salomone costruito da Re Salomone nel X secolo a.C e distrutto dai babilonesi nel 586 a.C., e il secondo Tempio ricostruito tra il 536 e il 515 a.C. e ampliato da Erode il Grande intorno al 19 a.C, distrutto nel 70 d.C. dall’imperatore Tito. Oggi rimane solo una parte, conosciuta come Muro del Pianto (Muro Occidentale), il centro spirituale del popolo ebraico, il posto in cui si attiva il contatto diretto con Dio. Centinaia di uomini e donne (divisi per sesso) raccolti in preghiera, che affidano i loro pensieri più profondi a pezzetti di carta che incastonano tra i giganteschi mattoni…un luogo di una sacralità imponente. Ho preso parte anche a un tour guidato che mi ha portato nei sotterranei del Muro in cui sono stati rinvenuti reperti come bagni rituali, archi in pietra e un acquedotto (il tour va prenotato a questo link).
Dopo un pranzo con falafel ho proseguito per il suggestivo quartiere islamico e ho percorso la Via Dolorosa che corrisponde al percorso di circa un chilometro che Gesù fece portando la croce fino al punto della sua crocifissione. Lungo la via si trovano le stazioni della Via Crucis. Lungo la strada è un susseguirsi di emozioni che culminano al cospetto della Basilica del Santo Sepolcro, la chiesa più importante per la cristianità. Al suo interno sono racchiusi tre luoghi sacri: il luogo della crocifissione, quello dell’unzione e il luogo della sepoltura e della resurrezione di Gesù. Vedere quei luoghi con i propri occhi, e soprattutto vedere la fede dei pellegrini che toccano e baciano quelle pietre, che si raccolgono in preghiera, chiedono grazie e si commuovono, è stata una delle esperienze più toccanti della mia vita.
Dopo un ultimo giro per il quartiere ebraico e la visita al Cenacolo, il luogo in cui presumibilmente si svolse l’Ultima Cena che si trova esattamente sopra la tomba di Re Davide, sono rientrato in hotel grato per tutte le emozioni che quella giornata mi ha regalato. Ancora oggi fatico a tenere a bada le forti emozioni di quella giornata, e ora che sto scrivendo questo resoconto di viaggio stanno riaffiorando più forti che mai.
6°, 7° e 8° giorno: Tel Aviv
Prima di recarmi a Tel Aviv ho trascorso la mattinata a Gerusalemme passeggiando lungo le mura della città con una vista spettacolare sul circondario e ho visitato la spianata della Moschee con la bellissima moschea al-Aqsa, la cupola della Roccia e la cupola della Catena, e quattro minareti.
Sono arrivato a Tel Aviv poco prima dell’ora di pranzo (ho alloggiato al Brown Beach Hotel a due passi dalla spiaggia) e lo stacco con Gerusalemme è stato netto. Con un’ora di automobile si passa in due “mondi” completamente diversi. Dalla sobrietà e misticità di Gerusalemme alla vivacità e modernità di Tel Aviv. Una bellissima spiaggia con un mare trasparente, beach bar e locali sul lungomare, sportivi intenti a fare attività fisica e tanta gente a godersi il sole di questa metropoli che i più giovani definirebbero sicuramente super cool.
Assaggiare lo street food del Carmel Market è secondo me una tappa obbligatoria per appagare occhi e stomaco e approcciarsi alla vitalità di Tel Aviv. Ci si trova davvero di tutto, dal dolce al salato, ovviamente anche abbigliamento e oggettistica, ottimo anche per fare un po’ di shopping e riportare a casa qualche souvenir.
Le stradine intorno al mercato pullulano di ristoranti e locali, la sera si riempiono di giovani e di vita. D’obbligo anche una passeggiata per il Rothschild Boulevard con edifici storici e costruzioni tipiche dell’architettura Bauhaus, e per la strada pedonale Nachalat Binyamin ricca di negozi specializzati in tessuti, ma anche boutique di abbigliamento e oggettistica.
Consiglio culinario: se cerchi un posto in cui mangiare dell’ottimo street food, però di un certo livello, ti suggerisco di recarti da Saône Rhone in Yehuda ha-Levi St 44,.
È difficile dare a Tel Aviv una collocazione geografica. Mi spiego meglio. Passeggiando per le sue strade si ha come l’impressione di fare un viaggio tra i vari Paesi del mondo perché tante sono le contaminazioni architettoniche che l’hanno resa così affascinante, e il mare è sempre lì di fronte, a donarle ancora più fascino.
Le due giornate (considerando poco più di mezza giornata trascorsa alla fiera del turismo IMTM) le ho passate tra la spiaggia e le passeggiate senza meta in cerca di quegli angolini deliziosi che spuntano di colpo tra una stradina e un moderno palazzone.
La città è anche famosa per la sua vita notturna, per i locali che durante tutti le sere della settimana sono animati da giovani in cerca di quella socializzazione che negli ultimi anni pandemici ci è tanto mancata. Per conoscerla meglio ho partecipato al tour TLV Nights con la guida Ido Weil che dalle 22 all’1 di notte mi ha portato a conoscere diversi locali particolarissimi e molto belli.
Arrivato alla fine di questo racconto ti sarai sicuramente accorto della diversità di emozioni che si possono vivere durante un viaggio in Israele. Io non vedo l’ora di tornarci, anche perché mi piacerebbe tanto visitare la Galilea. Israele ti aspetta, anzi ci aspetta!
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Viaggio organizzato in collaborazione con l’ente del turismo di Israele.